Non è la prima volta che se ne parla, anzi: già negli anni ’80 una ricerca CENSIS cercava di spiegare all’UE perché gli Italiani fossero “gli scontenti d’Europa”, sostenendo che il rallentamento della crescita economica e sociale creava più frustrazione delle situazioni in qualche modo più stabili, nel bene e nel male. Adesso a rispondere a questa domanda è l’Indice di Felicità realizzato dall’Istituto Piepoli per Udicon. Dalla ricerca emerge un dato significativo: il 37% degli italiani si definisce molto felice (punteggio 8-10 su una scala da 1 a 10), mentre il 26% si dichiara infelice (punteggio 1-5). La maggior parte della popolazione si colloca in una fascia intermedia, con un livello di felicità “abbastanza alto”. I più felici risultano essere gli over 54, mentre gli adulti di mezza età (35-54 anni) sono i meno soddisfatti. L’indagine evidenzia che i principali fattori di felicità sono: eventi positivi in famiglia (36%), miglioramento della salute propria o dei familiari (28%), soddisfazione affettiva (20%), stabilità lavorativa (13%), maggiore disponibilità economica (13%). Specularmente le principali cause di insoddisfazione sono: problemi di salute propri o familiari (36%), difficoltà economiche (24%), eventi negativi in famiglia (22%), instabilità lavorativa o perdita del lavoro (13%), impatto dei conflitti internazionali (14%). A conferma delle tesi del Censis, la felicità degli Italiani non dipende solo dai consumi, ma anche dalla percezione di stabilità e di fiducia nel futuro. Questo vuol dire che il benessere delle persone non si misura solo in termini di reddito e potere di acquisto, ma attraverso la qualità della vita nel suo complesso. Servizi accessibili, stabilità lavorativa, affetti e sicurezza sociale sono parametri fondamentali nella società di oggi. Qualcuno direbbe: “ricchezza e povertà post-materialistiche”.
