Vi sembra paradossale associare gli artigiani innovativi e il turismo, i makers e gli albergatori, “andare a bottega” come motivo di un viaggio? Non più!
Un numero crescente di persone da tutto il mondo si rivolge alla nostra capacità di far apprendere mestieri e culture, in una logica molto simile al Grand Tour.
L’Italia agli occhi del mondo è il luogo in cui si fondono, ancora oggi, arti antiche e competenze uniche. E’ la destinazione preferita di chi vuole apprendere mestieri proprio nel luogo dove questi sono nati, e insieme fare una vacanza in uno dei luoghi più belli al mondo.
Insomma sono apprendisti (paganti) e contemporaneamente turisti. Quindi doppia ricaduta economica.
Siamo abbastanza abituati al fatto che i viaggiatori, quando sono in Italia, visitino le botteghe, acquistino i prodotti del “Made in Italy”, gradiscano percorrere portici e stradine piene di laboratori artigianali. Siamo meno abituati a pensare che molti di loro non vogliono solo vedere ed acquistare, vogliono imparare a fare. E il passaggio dal Made in Italy al Make in Italy, è di stampo tutto turistico.
Vengono in Italia (specie nel Lazio e a Roma, in Toscana ma anche in Umbria) per imparare come si fa: frequentano laboratori e botteghe e vanno a dormire in un albergo in centro, oppure rimangono nello stessa struttura ricettiva (agriturismo, case rurali ma anche castelli e dimore storiche) che organizza i corsi. Ma ci sono anche Scuole, Accademie, Università.
Arrivano coreani neolaureati in architettura ad imparare l’arte del muretti a secco, vengono giapponesi ad apprendere l’arte del restauro, da ogni angolo si iscrivono a wine classes, per non parlare dei corsi di cucina e di quelli di lingua italiana.
Non ci sono dati precisi sul numero di persone che vengono nel nostro Paese per questo specifico motivo, né è possibile calcolarne ad oggi l’impatto economico, ed è un peccato. Perché ci sorprenderebbero.
E da qualche anno a questa parte, chi lavora nel settore, conferma che questa tipologia di turista-apprendista è cresciuta, molto. Grazie al fatto le aziende artigiane hanno integrato o implementato il loro business con strategie dedicate alla vendita on line si è data notorietà internazionale a mestieri che prima solo pochi appassionati conoscevano, è stata data voce a persone che prima potevano parlare solo con i loro prodotti, mentre la gran parte del loro sapere viene dalle mani.
L’upgrade digitale anche nell’artigianato fa vendere di più, aumenta la notorietà, crea un desiderio. Se il Made in Italy conquista l’immaginario, posiziona la marca Italia verso l’alto in termini di notorietà e reputation, dà valore aggiunto all’Italia come luogo d’origine, sono i gli artigiani (vecchi e nuovi) che possono tradurlo concretamente in esperienza diretta, insegnando come si fa.
In una prospettiva internazionale gli artigiani di domani diventano non solo ambasciatori del miglior Made in Italy ma anche l’espressione più vera del Make in Italy. E il turismo deve poter intercettare questa forza, darle una direzione ed una opportunità di sviluppo verso il turismo.
Si tratta di vacanze a diversi livelli di personalizzazione, in alcuni casi si avvicina ad un’idea di luxury, tanto è customizzata. Ma sono frequenti i corsi per gruppi e quelli dedicati agli studenti. Ciò determina anche la necessità di poter contare su di una scala di proposte turistiche che coinvolgano dalle strutture ricettive di alta gamma ai bed and breakfast. E probabilmente serve anche una innovazione in campo normativo che possa favorire questo connubio.
Artigianato e Turismo hanno in comune molte più di cose di quanto si sia mai immaginato. Sono due mondi che si sentono distanti ma agli occhi del mondo rappresentano una sola cosa “l’Italian Paradise” .
Comunque questo tesoro non è poi tanto nascosto se una Regione come il Lazio ha inserito nel Piano Strategico del Turismo proprio lo sviluppo del cluster “Italian Style” indicandolo tra quelli che si profilano sempre più interessanti in termini di incoming turistico.