Sono 25 le navi da crociera in ordine nei cantieri di qui ai prossimi 4/5 anni, per un totale di appunto 2,5 milioni di tonnellate.
Rispetto al recente passato si registra un significativo decremento in nuovi ordinativi, e fin qui tutto apparentemente “normale”. Ciò che è più interessante notare è lo sbilanciamento della produzione verso navi oltre le 100.000 tonnellate. Quindi tenendo conto nella lista degli ordini sono presenti anche navi fluviali e velieri (molto più piccoli) e anche senza entrare nel dettaglio della lista (non troppo lunga in realtà), si fa presto a capire che la maggioranza della cantieristica è impegnata con navi da circa 130,000 tonnellate.
Per la verità fanno eccezione, in fatto di dimensioni, anche le navi dedicate al segmento “luxury”, ma sono solo 2 quelle in ordine e non riguardano significativamente la clientela europea.
Come regola generale, i nuovi vari saranno subito utilizzati per crociere nei principali mercati di riferimento delle compagnie , per essere poi , passato l’appeal dell’impatto della nave “nuova“, progressivamente allontanati dagli homeport laddove l’itinerario torna ad essere una componente più rilevante, e negli ultimi anni queste mete corrispondono a Oceano Indiano e Oceania , piuttosto che Dubai e Mar Rosso.
Anche qui come già detto colpisce l’uniformità del prodotto offerto: come se, per fare un esempio, i principali produttori di auto costruissero quasi esclusivamente un solo modello di berlina 3 volumi: per quanto possano essere diverse tra loro, sempre di berline si tratta…
Detto questo, poche settimane orsono si è svolto a Venezia un incontro tra gli addetti ai lavori. Uno dei punti sollevati , forse il più interessante , è stato quello relativo alla presenza di “troppi“ porti italiani che si candidano come terminal crocieristico, con la conseguenza che è necessaria una accurata selezione, che si necessita di infrastrutture idonee: insomma è una festa alla quale non tutti , anzi pochi , potranno partecipare.
Ora, anche senza voler difendere in blocco nostri Amministratori locali, sembra del tutto normale che politici in caccia permanente di consenso cerchino di cavalcare l’onda dell’entusiasmo legata al settore, senza approfondire più o meno consapevolmente che cosa significa accogliere nello stesso giorno, una o spesso più mega-navi di detta stazza con oltre 3000 passeggeri, che sbarcano e re-imbarcano in poche ore.
Da sempre sentiamo dire, relativamente alle merci, che i porti del Mediterraneo non possono competere con quelli del Nord Europa sia per gli spazi (vero) sia per i collegamenti (vero anche questo ma per colpa del semplice fatto che per decenni si è privilegiato solo il trasporto su gomma). Ora, è logico che le crociere abbiano necessità di certi scali di richiamo per poter operare al meglio i loro itinerari, hanno bisogno di certi hub come porti principali di imbarco e sbarco, porti che devono avere come priorità la facilità di accesso ad un aeroporto internazionale che supporti traffico aereo di certo livello (anche intercontinentale).
Per farla breve, andremo incontro ad un tipo di sviluppo che nei porti commerciali possiamo definire “effetto Gioia Tauro“, oppure i porti strategicamente e geograficamente meglio posizionati saranno in grado di adeguarsi?.
Correndo il rischio di passare per ingenui che non conoscono le logiche di mercato, le economie di scala e le definizioni di massa critica, balza però agli occhi un fatto.
Chi come noi vive in Europa, più precisamente nel Mediterraneo, in Italia, e magari anche come spesso succede in centri storici più o meno conosciuti che tutto il Mondo viene a visitare, ha quotidianamente presenti i problemi di logistica che questo comporta. Ad esempio uno dei primi aspetti che tutti noi consideriamo , quando avvertiamo il legittimo desiderio / necessità di cambiare un mobile a casa / ufficio, è quello di verificare se le dimensioni sono compatibili a quelle dello spazio che abbiamo dedicato all’oggetto e se ci sono delle strettoie o impedimenti legate all’ingombro. La scelta del mobile è conseguente alla valutazione (anche) di questi aspetti diciamo “logistici“.
E per le maxi-navi da crociera non dovremmo pensarci?
È noto a tutti che la nostra economia si basa sempre di più su volumi finanziari: nel caso delle crociere questi sono preceduti da un beneficio economico di tipo più ”tradizionale“ che riguarda appunto nell’ordine l’aspetto progettuale e di ingegneria navale , e la cantieristica vera e propria .Qui gli impatti sono reali ed evidenti, basta vedere i recenti scompensi anche di ordine sociale, causati alla cantieristica italiana a causa del calo di ordinativi.
Quando una nave tocca l’acqua entrano in gioco gli aspetti finanziari, i costi si devono ripagare in fretta, anzi sempre più in fretta, proprio perché i benefici legati alla produzione che concorrono al successo di un settore, diventano sempre meno rilevanti. Il vortice è servito, il business plan è rispettato (almeno in parte forse…).
Il punto sta qui: le masse critiche, ossia il tonnellaggio prima ed i passeggeri poi, si devono muovere a determinate condizioni e velocità, se no il business non rende…e non viene finanziato. La inadeguatezza dei porti , sia per infrastrutture che per dimensioni potrà forse passare sotto la voce danni collaterali, ma resta il rammarico di vedere che un settore con un potenziale enorme, con benefici anche per il territorio, rischi di venir bruciato in pochi anni per una euforica miopia generale.
* Con lo pseudonimo di Farina collabora con Turismoeterritorio.com uno dei più importanti manager del settore crocieristico