Nel Mondo non esiste una classificazione alberghiera univoca: alcuni Paesi ce l’hanno, altri no; alcuni ce l’hanno obbligatoria, altri facoltativa. Alcune scale partono da 1 stella, altre da zero; alcune si fermano a 5 stelle, altre arrivano a 7; alcuni addirittura classificano con lettere in ordine decrescente, tra le ultime in ordine di tempo le spighe.
È odierno l’articolo uscito su L’Agenzia di Viaggi, che descrive le perplessità del ministro del Turismo inglese, verso le stelle nell’ospitalità.
“Il sistema di classificazione alberghiera ha una manutenzione costosa, ma esistono servizi efficienti e ormai invasivi come TripAdvisor, quindi delle stelle si può fare a meno”. L’idea è venuta a qualcuno nella compagine di governo britannica, e il ministro del Turismo John Penrose, che l’ha considerata con favore parlando a Radio 4 della BBC.
«Vorremmo che la gente usasse di più questi nuovi strumenti, ma per noi andrà benissimo anche se l’industria alberghiera sarà disposta a farsi carico direttamente del rating in stelle», ha detto il ministro. Notando tra l’altro come sia “bizzarro” che il governo debba essere coinvolto nella valutazione degli hotel, quando non deve farlo, ad esempio, per cose come le auto o i cereali per la colazione. «Non sono affatto certo – ha aggiunto – che gli hotel siano tanto speciali».
A sostegno della nuova scuola di pensiero, e contro la classificazione affidata a VisitEngland, tornano vecchie polemiche sui costi del sistema, sulla difficoltà di certi piccoli hotel di charme di salire nel ranking per il fatto di non avere la reception H24 o altri servizi tecnologici. La decisione ultima del governo sul tema è attesa entro un mese, all’interno della nuova annunciata Tourism Strategy. In forse c’è dunque tutto il Quality Assessment Scheme britannico, che attualmente ha 24.000 membri iscritti.
Poco convinto Ufi Ibrahim, ceo della British Hospitality Association, preoccupato della «crescente quantità di reviews non in buona fede su hotel e servizi, che possono causare danni ingenti agli albergatori. L’importante ora è assicurare la validità delle alternative al sistema delle stelle, noi stiamo lavorando su questo».
Certo anche in Italia, da molti anni, è il mercato a fare le proprie classificazioni: ci pensano i Tour Operator, le catene volontarie, i club di prodotto, le tante Guide o Portali che leggono il territorio in modo finalizzato e orientato ad un target di viaggiatori e turisti.
Mentre alcuni pensano erroneamente che per stare sul mercato si debbano avere le stelle, e che le stelle siano una questione di luminosità delle lampadine, metri cubi d’aria, ampiezza delle sale comuni, per la strada i turisti veri salgono a fatica su un bus a due piani, trascinano un trolley sul pavè cercando un Bed & Breakfast abusivo e non segnalato, si interrogano sul significato del valore del “coperto” al ristorante. E questo, immaginiamolo bene, con difficoltà tanto più serie e pressanti se si tratta di turisti con disabilità o bisogni speciali, per cui tutti i problemi sono amplificati, e spesso insormontabili.
La regione Emilia Romagna è stata la patria dei club dei prodotto. Già nel lontano ’98, anche per effetto e sulla spinta di problemi strutturali e crisi contingenti di portata epocale, si è trovata ad affrontare questioni che altri ancora stentano ad inquadrare, come la definizione degli standard necessari ad affrontare le diverse motivazioni di domanda (cicloturismo in primis), le richieste delle diverse e sempre nuove nicchie di mercato, fino alle tribù del consumo più o meno turistico.
Il Trentino non è da meno con marchi di qualità, oltre 15, che sono ben rappresentati anche nel sito www.visittrentino.it, qui c’è anche un marchio qualità parco, utilizzato dal Parco Naturale Adamello Brenta.
A livello nazionale possiamo citare la Guida “Turisti a 4 zampe”, la guida ufficiale agli esercizi italiani che accolgono i nostri amati animali domestici oppure il marchio Q Ospitalità Italiana, promosso dalle Camere di Commercio (ora anche per i rifugi).
Tra i tanti portali tematizzati, in “Talenti Italiani, i viaggi nell’Italia migliore”, si riuniscono operatori ma anche destinazioni che fanno della qualità (e non delle stelle) il loro core business e non solo un valore aggiunto: Alpine Pearls ad esempio, un network di 24 località turistiche in grado di offrire il piacere di una vacanza ecologica attraverso la mobilità dolce. Oppure le strutture Le Mat, un marchio che caratterizza le imprese del turismo per il lavoro svolto sui temi dell’inclusione sociale, la piena accessibilità e una maggiore sostenibilità, oppure ancora una rete che si é creata da poco, il club di prodotto wellness in Val d’Aosta, anche questo con uno specifico disciplinare.
Sembra quindi che piuttosto che ragionare di un ormai irrealistico standard unico, bisognerebbe cercare di capire dove vadano orientate le classificazioni della qualità, necessariamente intese al plurale: “le” qualità.
Ci sono infatti qualità di tipologia di impresa, di territorio (area-prodotto), di motivazione: e si tratta di componenti che tendono ad intrecciarsi tra di loro, a formare uno schema multidimensionale che non può mai essere del tutto semplificato con efficacia, meno che mai con le stelle.