Perle d’agosto

Ci sono cose che si capiscono meglio quando a parlarne non è chi lavora nel turismo.
Vincenzo Cerami, nella sua breve storia, illumina tutta la teoria sul valore del brand e sul significato di marca. Sintetizza così ore e oredi lezioni ai Master e nelle Università.
E poi “i pensieri vacanzieri” di Ammanniti “il peso per essere se stessi anche in vacanza non può superare ormai i 10 kili” e di Francesco Piccolo “ci piace andare al mare, il primo giorno, un pò anche il secondo. Poi basta…”
Siate curiosi, leggete qui sotto perchè sono poche righe e valgono come libri.
Buona Lettura
Ironie del brand

“… Un anziano signore da quasi mezzo secolo collezionava vini di grande prestigio e valore. Li teneva nell’ampia cantina seminterrata. … Un brutto giorno, non era mai successo, venne giù il cielo inondando la regione e facendo straripare i fiumi. Dai finestroni si rovesciarono dentro la cantina ettolitri d’acqua piovana e fanghiglia. Passata la tempesta, il vecchio signore, incredulo, immerso fino alle ginocchia, la torcia elettrica in mano, osservava il disastro intono a sé. Si consolò subito perché vide che ogni cosa era rimasta al suo posto. I turaccioli avevano perfettamente difeso tutte le bottiglie. Solo che sull’acqua navigavano, in beatitudine, in lungo e in largo, le etichette, che si disperdevano incrociandosi….
… Il nobile signore gettò un’occhiata alle bottiglie, erano tutte uguali, nude e infreddolite, allineate e senza nome, soldatini degradati e derelitti. Prima formavano un popolo con le sue gerarchie, adesso erano una informe società di massa. Il vino s’era salvato, era rimasto lo stesso di prima, ma non valeva quasi niente. Il valore di ogni pezzo non si poteva più vedere ad occhio nudo, dall’esterno, bisognava scoprirlo nella qualità intrinseca del suo contenuto, assaggiandolo e indovinandone i pregi…”
Da Vincenzo Cerami, “Sogno un paese innocente”, Il Sole 24 Ore, 14 agosto 2011.
L’inferno del bagaglio

“…Un altro peso assai importante della mia vita è quello formato dalle cose, essenzialmente oggetti, che ritengo indispensabili per essere me stesso in ogni luogo del pianeta mi trovi. Secondo Ryanair questo peso è dieci chili valigia compresa… Oramai, vista la situazione, io ho deciso che per non rinunciare al computer, all’alimentatore del telefonino e a un paio di libri (rigorosamente tascabili, possibilmente novelle) non mi porto i vestiti. Anche se sto una settimana me ne frego, non mi cambio le mutande, le magliette e i calzini. Lo so, faccio schifo, mi muoio di freddo, ma almeno posso controllare le mail e guardarmi un film sul pc. Perché non spedisco la valigia? Non è una gretta questione di soldi. È che aspettare il bagaglio di fronte ai nastri è una esperienza mortificante che va fatta solo in caso di traslochi e spedizioni antartiche. Lì accalcato di fronte al carosello di valige con la certezza che tutti troveranno il proprio e tu no.
Ecco, se dovessi dare una rappresentazione dell’inferno direi proprio: è stare per l’eternità di fronte a un buco nero che caca milioni di trolley che assomigliano al tuo, ma non ti appartengono”.
Da Niccolò Ammanniti, “Il peso dell’anima (e quello del bagaglio a mano”), Wired, agosto 2011.
Odio l’estate

“…A noi che non amiamo l’estate, sembra che il tempo di agosto duri circa otto mesi. Ci piace andare al mare. Il primo giorno, un po’ anche il secondo. Poi basta. Perché in fondo, quando vai al mare, anche quando è un mare bellissimo come c’è in molte coste italiane, più che altro puoi farti il bagno. E poi? E quanto può durare un bagno? Facciamo mezz’ora, per esagerare.
No, facciamo di più: un’ora. E poi? Tutto il resto del tempo? Tutto il resto delle vacanze? Puoi fare soltanto altri bagni. Uguali. Ciò che rimane è disagio. Calore, sudore, scomodità, prestazioni, sabbia che si infila da tutte le parti e o scogli che ti sfregiano per tutta la vita. In estate, poi, devi essere tu, ma migliore, più simpatico, più disponibile, più spensierato….
… Per quanto mi riguarda, passo tutta l’estate a sorridere a tutti per dimostrare soddisfazione, perché gli atri sono felici se tu sei felice, in vacanza. Però nel mio intimo passo tutta l’estate ad aspettare l’inverno. Sogno che venga buio presto, ripasso nella mente tutti i maglioni che ho, mi viene l’acquolina in bocca pensando alle minestre, al brodo. Cerco di riprovare con l’autoipnosi quella sensazione di stare con la fronte appoggiata alla finestra mentre fuori c’è il diluvio, o il gesto di chiudersi il cappotto appena oltrepassato il portone di casa…”

Da Francesco Piccolo, “Che dittatura l’estate” ”, Il Sole 24 Ore, 14 agosto 2011

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