NOTIZIE DALL’ISLANDA: NON TUTTI I MALI…? 

Il New York Times riporta che l’Islanda ha vissuto un’escalation turistica dopo l’eruzione del vulcano Eyjafjallajökull nel 2010, che paralizzò il traffico aereo europeo, ma in compenso attirò l’attenzione mondiale su questa piccola ma eccezionale realtà. I visitatori sono passati da 500.000 a 2,3 milioni annui, trasformando radicalmente l’economia del Paese. Una simile crescita non poteva però passare senza traumi: mentre la Capitale Reykjavik si è riempita di negozi per turisti ed al contempo molte attività storiche hanno chiuso, località altrimenti sconosciute come Vik sono diventate centri turistici affollati tutto l’anno. Si dice che se prima ogni fattoria agricola aveva un proprio caseificio, adesso ha (anche) la propria attività ricettiva. La popolazione straniera è cresciuta fino al 17% del totale, con alcune città dove gli immigrati sono maggioranza. Nel frattempo, come risaputo, anche la natalità ha avuto un boom, e le scuole si stanno ripopolando. Gli islandesi giustamente si interrogano se questo sviluppo stia mettendo a rischio la loro cultura e identità. Il governo cerca di redistribuire i flussi turistici verso zone meno conosciute per rendere il fenomeno più sostenibile. In una qualche sua forma il futuro è cominciato: si stava meglio prima?

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