Turismo 2012 Un pre consuntivo di fine agosto

LA TENDENZA GENERALE
A livello internazionale, le uniche previsioni esistenti per il 2012 sono quelle (positive) dell’Organizzazione Mondiale del Turismo. E questa tendenza sembra essere confermata in Italia dalle località (ma sono poche) che attraggono turisti provenienti dai paesi di nuova e recente apparizione sul mercato: i cosiddetti BRIC (Brasile, Russia, India, Cina), ma anche i prossimi venturi, come Messico, Indonesia, Sud Africa, Turchia, ecc.. Ad oggi, tutti questi Paesi insieme (anche se sono in forte crescita) non esprimono più del 5/6% della domanda turistica internazionale che si rivolge all’Italia, e privilegiano quasi esclusivamente le destinazioni del “turisdotto” (Roma e Venezia soprattutto, con puntate su Firenze, Milano e Napoli) e sporadiche apparizioni in Costa Smeralda, Versilia, Romagna, Dolomiti.
In Europa le tendenze risultano più attenuate, incerte, tipiche dei mercati maturi: l’Italia è già una destinazione conosciuta e consolidata, in quanto tale non gode più del fattore novità, ma attrae per specifiche motivazioni (la vela, la bicicletta), o in virtù di eventuali nuove scoperte (come la Puglia). Al di là di molte sensazioni e speranze locali, l’unico dato previsionale disponibile (CISET) indica in – 2% a livello nazionale la tendenza del mercato turistico estero nel 2012.

Il mercato interno o domestico è stimato in netto calo (8/10%) sia per effetto del ridotto potere di acquisto, sia per le incerte prospettive circa il reddito disponibile, al netto di tasse e spese indispensabili, di cui non si conosce ancora perfettamente l’entità. Oltre alla riduzione netta del numero dei consumatori effettivi (persone e famiglie che vanno in vacanza nel 2012), i tre fenomeni più evidenti che accompagnano e qualificano il calo della domanda sono:

Microvacanze, e cioè vacanze brevi e brevissime, con una riduzione ormai strutturale e probabilmente irreversibile della permanenza media in termini di notti trascorse fuori casa;
Last minute, decisioni prese sempre più tardi (anche “last second”) magari anche grazie a una consultazione frequente delle offerte on-line; ne consegue una fiducia decrescente verso le indagini preventive, oltre che una sempre più necessaria flessibilità imprenditoriale (che spesso non c’è ancora);
Turismo locale, forte affermazione della prossimità, del cosiddetto “chilometro zero”, che beneficia le destinazioni più vicinee ai grandi bacini di domanda (e penalizza le altre). Si parla di un 60% di ospiti italiani che proviene dalla stessa regione o da quelle confinanti (Istat), e comunque di un raggio che raramente supera i 400 km (SWG). Mai così tanta gente alle sagre e alle feste locali, anche se magari poi dorme a casa propria.

LE PREVISIONI STAGIONALI
Il quadro generale dell’andamento della domanda lo ha fornito IPSOS a maggio 2012, descrivendo una domanda degli Italiani in calo del 7%, ed una spesa turistica del 10% in meno rispetto al 2011.
Dal lato dell’offerta il dato più interessante sembra essere quello raccolto da ISNART su un panel nazionale di imprenditori ricettivi di tutti i comparti, che parla di minori prenotazioni rispetto al 2011 del 2,3 % per luglio, del 3,7 % per agosto, e peggio ancora per settembre. In generale, gli operatori prevedono al 70%, un calo dei fatturati nel 2012 rispetto all’anno prima.
Molto più allarmato e allarmante il dato Federalberghi, che parla di – 29% di clienti italiani che andranno in hotel, -18% notti, -22% di giro d’affari.
Infine SWG–Confesercenti fissa la stima della crisi a 6 milioni di turisti in meno (il 10% della popolazione, il 20% dei vacanzieri abituali).
L’insieme di questi dati in calo fa però trasparire una realtà interna del tutto diversa, almeno tra i comparti: forte calo della domanda alberghiera, sostanziale tenuta di quella delle altre forme di ricettività, nel rispetto del criterio del prezzo per persona/notte: e quindi una buona domanda per campeggi e villaggi, appartamenti e case, B&B, agriturismo.

I PRIMI CONSUNTIVI
Pochi si sbilanciano in questo immediato dopo-Ferragosto, ma alcune tendenze sembrano ormai appurate:
Il consumo turistico nell’estate 2012 si è ulteriormente de-strutturato. Ai pacchetti all-inclusive, alle settimane di pensione completa, si sono andati sostituendo soggiorni spezzettati, acquisti multipli, take away e self catering. Usando un termine della distribuzione, lo scontrino medio si è ridotto, ma gli scontrini sono aumentati.
Nel complesso tutti lamentano un netto calo dei fatturati, che è certamente reale, ma forse non tiene conto della de-strutturazione di cui sopra. Occorrerebbe misurare anche le entrate di altri esercizi, e non solo quelle di hotel e ristoranti.

Le Isole (Sardegna e Sicilia) non si sono riprese dal caro-traghetti che le ha affossate nel 2011. I cali di partenze registrati anche quest’anno dai porti principali sono vistosi, ed il comparto aereo (complice la crisi Windjet) non ha compensato le perdite.
Sembrano “soffrire” di più le grandi località di lusso (da Capri a Cortina) che lamentano l’eccessiva attenzione fiscale che agirebbe come calmiere all’esibizionismo dei consumi.
Sembrano invece “tenere” di più i territori complessivamente ospitali (attestandosi su perdite ritenute accettabili, dell’ordine del 4% in termini di ospiti), fatti di un tessuto denso di proposte anche diversificate e su più livelli di prezzo (dalla Riviera Adriatica alla Maremma, dal Garda alla Val di Fassa).

A livello regionale il quadro è piuttosto omogeneo:

  • in Valle d’Aosta gli albergatori stimano perdite del 15%, nel complesso è realistico un calo estivo del 5%, dopo un inverno con risultati eccezionali;
  • in Alto Adige l’inizio dell’estate è stato positivo (maggio e giugno in crescita rispetto al 2011) e la stagione sembra non avere conosciuto crolli;
  • in Veneto non si fanno previsioni numeriche, ma si afferma la tenuta delle Città d’arte, a fronte della crisi delle terme e della montagna estiva;
  • il Friuli Venezia Giulia ha preventivato una flessione a fine anno del 2% complessivo, che tiene conto di un calo più vistoso in estate, stagione peraltro marginale;
  • la Liguria dichiara un calo del 5% nelle presenze, e del 10% dei fatturati;
  • in Toscana si stima un calo del 4% delle presenze nella media regionale;
  • nel Lazio non si fanno valutazioni, solo Roma continua a tirare, soprattutto nei mercati esteri emergenti;
  • la Puglia sembra il fenomeno del momento, la regione più desiderata secondo SWG, e registra una crescita sia nelle prenotazioni che nel traffico aereo.

L’ARIA CHE TIRA
Il settore turistico è sempre più diviso intrinsecamente tra imprese che reggono il confronto con il mercato e in qualche modo attraversano il momento di crisi, e imprese che invece soffrono molto e lamentano il rischio di chiusura.

Le maggiori organizzazioni imprenditoriali, non da oggi, hanno scelto di dare voce a queste ultime, e quindi di richiedere a gran voce lo stato di crisi:

  • gli albergatori per la ridotta domanda interna
  • i ristoratori per il crescente “fai da te”
  • i gestori balneari per la Direttiva Bolkenstein
  • i negozianti per la concorrenza delle vendite on-line
  • e così via

Il risultato più immediato è una lamentazione diffusa che inonda le cronache locali di tutti i media con l’effetto, particolarmente controproducente, di far apparire il nostro turismo come in coma profondo.
Manca, soprattutto dove non si è ancora imparato ad applicare un minimo di “comunicazione di crisi”, la capacità di discernere tra problemi aziendali e settoriali, tra politica locale e uso autolesionista dei media.

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