L’Italia, un paese che viaggia verso l’entroterra.
I geografi, metaforicamente, hanno immaginato l’Italia come uno stivale. I geopolitici potrebbero definirla, altrettanto metaforicamente, come un paese con la testa dentro al suo stivale, dove non riesce altro che annusare il puzzo del suo passo lento.
L’Italia, un paese che tra il settecento e l’ottocento ha attratto le intellighenzie euroccidentali in percorsi culturali denominati Grand Tour, oggi, soventemente, viene derisa per le sue incompetenze.
Quando penso al Bel Paese ed ai sui ultimi decenni di progressiva sfioritura, non posso far altro che ricordare una frase che Roberto Benigni lasciò in un intervista dove, mosso da passione e fomento per quello che lui stesso ama definire sano patriottismo, annunciò che se potesse farebbe l’amore con le colline, con le montagne, e che nel profondo animo, quando si addentra per l’entroterra, è come se lo facesse.
Cosa ci manca oggi, rispetto a quell’Italia del Grand Tour? Cos’è che ci rende meno fascinosi e attraenti? Forse, il progressivo appassimento corrisponde ad un generale menefreghismo ed allontanamento al sano patriottismo di Benigni. A constatarlo non è solo lo scenario politico ed economico ma anche, consecutivamente, quello turistico. Se si osservano le regioni con attenzione, ci si accorge che esiste una enorme disparità tra l’una e l’altra dovuta da una disarmonia e disorganizzazione amministrativa del territorio: cosa assai deleteria per il turista.
Ora proviamo a pensare se ogni cittadino fosse un laborioso e artistico artigiano impegnato al mantenimento e valorizzazione delle identità culturali e naturali della sua terra. Allora ogni via pullulerebbe di atelier di produzione autoctona, ed in ogni centimetro quadrato germoglierebbero interessanti peculiarità. Un mondo, dunque, totalmente opposto al nostro e talmente tanto infittito da diversità culturali che ad un turista curioso non basterebbero gli anni di una vita per percorrere una tratta di costa da Rimini ad Ancona. Ma tutto ciò è più velleitario di una utopia. La globalizzazione, in particolar modo nell’occidente, allinea graficamente i desideri, gli stili, le diversità dei luoghi, (eccetera), creando una generazione di turisti che a me piace definire come: i ben distratti.
Ben distratti dalle diverse identità territoriali che spesso risiedono presso il preziosissimo entroterra, che ancor oggi è capace di concedersi in rievocazioni poco o nulla dissimili da quelle che Goethe provò davanti alle rovine di Pompei. Egli, malato di mente, venne in Italia sotto falso nome per restare indisturbato durante questa sua villeggiatura terapeutica e culturale, dove compose uno straordinario verso inneggiante il Genius Loci – cioè la percezione dell’animo e dello spirito di un luogo da parte di residenti o forestieri che si legano intimamente alla storia di una terra e di chi vi abita – che cosi recita: Ditemi, o pietre, e voi eccelsi palazzi, parlate, una parola abbiate per me, superbe strade! Solo tu sei muto, o Genio?
A questo punto, ciò che mi piacerebbe ricevere è la risposta alla seguente domanda. Cosa penserebbe un bambino, un ragazzo, un adulto o una anziana persona newyorkese mentre percorre, per la prima volta, le strette vie dell’entroterra italiano e, all’improvviso, dopo una curva come un’altra, si imbatte in un paesino circondato da mura medievali immerse nella natura ed illuminate da suggestive luci? Probabilmente, abituati a luminosi grattaceli “scoscesi” sulle acque dell’oceano, avvertirebbero nel loro profondo quel misterioso groviglio che esiste tra uomo e natura: il Genius loci, dunque. Ecco cosa prescinde da qualunque ondata ideologica e da qualunque evento. Ecco che cosa nel tempo non muta la sua ospitalità perché dentro ognuno di noi: il genio della terra che si fa vivo col suo spirito nel nostro animo. E l’Italia essendo paese di forti percezioni rievocative pare esserne massimo esponente, come narrano i diari dei grandtouristi.
È a fronte di tutto ciò che, trasversalmente, dalla convenzione europea del paesaggio agli operatori turistici locali, pubblici e privati, lo sguardo al fenomeno turistico ragiona alla stregua di un solo obiettivo: l’entroterra. Infatti, è partecipando ad un seminario presso la facoltà riminese di Economia del turismo che gli agriturismi furono definiti come i potenziali bagnini del futuro. Allorché, da buoni cittadini italiani, non dobbiamo far altro che coalizzarci in operazioni che sappiano leggere ed interpretare il territorio efficacemente; in modo da garantire un agile ed intelligente soggiorno.
Il caso “Col sole in fronte: alla scoperta del Nerone, Catria, e Petrano”. Le marche: turisticamente arretrata o avvantaggiata?
È proprio riprendendo il discorso soprastante che esplicheremo come la regione Marche, ed in particolare l’entroterra della provincia di Pesaro e Urbino, si adopereranno turisticamente mediante il progetto denominato “Col sole in fronte: alla scoperta del Nerone, Catria e Petrano”, una nascenda associazione che abbracci operatori turistici ed edili di otto comuni: Acqualagna, Cagli, Pergola, Sera Sant’Abbondio, Frontone, Cantiano, Apecchio e Piobbico.
Si parla di una vera passione che, congiuntamente a quella parte di popolazione stanca di convivere con l’egemone scetticismo marchigiano, costituisce la più robusta fondamenta per un successo progettuale. Ad oggi, si sono organizzati due incontri dal risultato soddisfacente. Il primo, mercoledì 15 giugno presso la mensa internazionale di Cagli dove hanno partecipato 100 persone tra imprenditori turistici ed edili; essi hanno ascoltato e firmato una dichiarazione di interesse al progetto. Il secondo, martedì 12 luglio presso il palazzo della comunità montana del Catria e Nerone, dove, pure, la Banca di Credito Cooperativa di Pergola ha mostrato il suo interesse dichiarando una attiva promozione. In quest’ultima occasione vennero constatate ampiamente le qualità inespresse della zone – spettacolari sono le risorse geologiche – e come esse debbono assolutamente esser valorizzate. L’importanza di tale operazione non risiede solo nell’incremento del flusso turistico, o nel allinearsi alle avanguardie di governance turistica, ma anche nel salvare e valorizzare un patrimonio architettonico culturale che è parte della più profonda identità locale. Infatti, un obiettivo è applicare l’albergo diffuso in tutti quei paesi – e non solo – a forte spopolamento.
Tra le idee sboccianti ha preso piede, pure, una progettazione ecomuseale per i siti a forte peculiarità autoctona. Inoltre, di importanza rilevante in quanto implicita nel buon senso dell’organico, è il raggiungimento di quello che si chiama “optimum turistico” cioè una equilibrata gestione del territorio dovuto ad una osservazione a 360° dei fattori ambientali, sociali, architettonici ed economici della zona; senza, perciò, sovra e sottoutilizzi del territorio. Ed è proprio cosi che la regione marche, nel suo insieme, potrebbe, alla stregua del progetto in questione, elaborare un “piano di attacco” che la faccia passare da “turisticamente trascurata” a regione di “optimum turistico”. Ma tale risultato è permesso solo a chi, accuratamente, cerca di non perpetuare errori già commessi in altre zone italiane. Un esempio lampante, pur se in contesti ambientali diversi, potrebbe essere il divertimentificio notturno della riviera romagnola che distoglie l’attenzione dei turisti dalle bellezze artistiche, culturali e paesaggistiche, oppure le caotiche spiagge il cui sovraccarico di gente è vero disagio. In questi casi “il punto di ottimo equilibro” è spaventosamente lontano. Per ultimo, ma non di importanza, va detto che la destagionalizzazione del turismo e la costituzione di innovativi pacchetti turistici rappresentano parte della mission di “Col sole in fronte: alla scoperta del Nerone, Catria e Petrano”. Ovviamente, solo con un serio e duraturo lavoro si possono realizzare obiettivi di tale portata, tra i quali, di maggiore spessore, purtroppo, sembra ancor essere la lotta contro lo scetticismo marchigiano.
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