Un po’ «Grande Fratello», un po’ «Isola dei Famosi

Un po’ «Grande Fratello», un po’ «Isola dei Famosi», ma senza telecamere e senza conduttrici con lustrini e generose scollature. Per tre giorni Maso Lagorai, nella Val Malene (Tesino), si è trasformato in una specie di reality. La realtà in questione è fatta da una squadra: un gruppo di dirigenti di una multinazionale, chiamati a superare prove pratiche, ma anche test di logica e di psicologia. È la nuova tendenza delle grandi aziende: full-immersion nella natura per compattare i manager. Lo scopo è di renderli più uniti, affinché possano essere più efficienti sul lavoro, quindi più produttivi.

Per tre giorni – sotto la guida di Jacopo Melloni (manager trainer da più di 20 anni), di Cinzia Migliavacca (assistente tecnica), in collaborazione con l’accompagnatrice di territorio Paola Barducci – 7 colleghi del settore della grande distribuzione, che normalmente lavorano fianco a fianco, hanno vissuto isolati. Senza tivù, senza computer, senza cellulare (salvo un’ora alla sera) e, quando possibile, senza orologio, dentro una casa di montagna. «Hanno condiviso le stanze da letto. Hanno cucinato assieme, con un budget di 200 euro, che dovevano bastare per tutti, per tutti e tre i giorni», racconta Melloni, che con l’agenzia Mida non è nuovo alla cosiddetta «formazione esperienziale». Il team action (o team building ) si è diffuso negli ultimi cinque anni. «Ora, con i colossi commerciali – che devono fare i conti con mercati sempre più difficili – si sta diffondendo sempre di più».

E così per il Trentino si aprono le porte di un nuovo tipo di turismo. Zone, decisamente diverse da Campiglio, possono diventare il «terreno ideale». Insomma la Val Malene, che fino a qualche anno fa veniva frequentata solo da scout e gruppi parrocchiali, inizia a proporsi anche alle realtà imprenditoriali del Nord Italia. «La squadra di colleghi acquista prodotti locali e se li deve far bastare. Nei giorni scorsi i partecipanti hanno imparato anche a farsi il pane. Non solo. Due persone della zona, che lavorano in malga, hanno spiegato loro come si fa il formaggio e la tosela». L’utilità di tutto questo? «Oltre ad imparare qualcosa di nuovo, si mette alla prova il singolo e il gruppo: chi non riesce a fare il prodotto, non se lo trova nel piatto». «In questi spazi limitati, lontani dalla città edalle dinamiche d’ufficio – spiega Melloni – i rapporti vengono messi alla prova. Sono occasioni per valutare la coesione del gruppo e l’ansia dei professionisti, per aggiustare gli eccessi (o le carenze) di competitività». Se nei reality show alla fine c’è un vincitore, in questi casi – dicono i promotori – a vincere deve essere la squadra. «In ambienti dove l’individualismo è la regola, trovarsi ad attraversare un bosco, di notte, in dieci, con una sola torcia, rappresenta una prova di fiducia. Insieme poi devono costruire una capanna e insieme devono risolvere i problemi di ogni giorno». «Le reazioni sono le più diverse – racconta Cinzia Migliavacca, preparatrice outdoor di Kailas -. C’è chi dà aiuto all’altro e chi no».

A differenza degli show televisivi – dove si cerca di capire chi si metterà con chi e chi «ammazzerà» chi – le prove sulle montagne trentine sono finalizzate ad un’analisi dei punti di forza e di debolezza dei dirigenti. E, a proposito di debolezza, il trainer fa notare che in condizioni «estreme» non mancano i conflitti e le crisi di nervi. In più di un’occasione, qualche manager è «crollato» e ha anche lasciato cadere qualche lacrima. Melloni, naturalmente, non fa nomi, ma i professionisti che partecipano a queste giornate di allenamento vengono dai giganti della moda e dell’industria. «I test pratici mostrano anche i lati più fragili. Noi non diamo giudizi (si tratta di genete che viene giudicata tutti i giorni dell’anno). Vogliamo essere costruttivi». Oltre alle prove in notturna e alle gare, con percorsi tipo gimcana, ci sono anche i momenti dedicati alla riflessione. Ieri, per esempio, i sette del gruppo hanno dovuto camminare, da soli, nei pascoli che si affacciano sul Passo del Brocon. «Si vuole testare anche la capacità di stare con se stessi. Non tutti ci riescono. È una prova sull’ansia». Ma siamo sicuri che, al rientro, i rapporti fra colleghi migliorano? Non è che si torna più acidi di quando si era partiti? «Il team building cementifica i rapporti – assicura Claudio Barbiero, direttore dell’Auchan di Padova, che crede a questi progetti -. In un certo senso è come la naja: chi condivide le difficoltà costruisce amicizie». E sul lavoro produce di più?… «Assolutamente».

A.Tom.

da L’Adige del 21 Aprile 2009

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