Secondo CST nel 2024 le persone giunte e che giungeranno in Italia per il cosiddetto turismo delle radici sono state 6,6 milioni, quest’anno ne sono previste quasi 7 e nel 2026 la cifra salirà a 7,3 milioni. In termini di presenze, le stime indicano il passaggio dai 34,4 milioni di pernottamenti nel 2024 a poco più di 37,9 milioni nel 2026, per una spesa turistica che dai 5 miliardi di euro dello scorso anno salirà a oltre 5,5 miliardi previsti per il 2026. Il soggiorno di questi turisti è in media di 5,32 pernottamenti, con una spesa media di 145 euro al giorno a persona contro i 128 euro di spesa media quotidiana – secondo gli ultimi dati di Banca d’Italia relativi al 2023 – dei viaggiatori stranieri in Italia. Turisti che non solo hanno una maggiore capacità di spesa, ma vanno alla ricerca di prodotti locali, specialità enogastronomiche, oggetti artigianali e artistici. È l’effetto ‘terra delle origini’, fondamentale per la sopravvivenza di piccoli comuni e borghi interni che, altrimenti, rimarrebbero esclusi dai flussi turistici. Le regioni più coinvolte dal turismo di ritorno sono Veneto, Emilia-Romagna, Campania, Sicilia, Calabria, Abruzzo e Puglia. Ma non staremo per caso scoprendo un fenomeno che è sempre esistito?
